PAPA – METRO
È vestito di bianco e, per i credenti, è il rappresentante di Dio in Terra, ma con la sua strenua capacità di lottare contro la malattia, in realtà ha dato e dà il massimo insegnamento di cosa può essere un uomo. Ricoverato, continua a lottare, come fa da anni e anni. Cosa ci ha insegnato in tutto questo tempo? Quello che per noi medici omeopatici è una legge fondamentale: conta il malato e non la malattia. La malattia è un’entità, un soggetto che ha bisogno di un corpo per esistere e per manifestarsi. Ciò che rende viva la malattia è quel corpo, quella persona, ma così come è in grado di renderla viva e farla manifestare, ha anche il potere di contenerla, allontanarla, eliminarla. Ecco perché l’Omeopatia cura il malato, studia il malato e solo in seconda battuta, per motivi diagnostici, la malattia, perché mette l’individuo nella condizione di lottare contro il male, gli fornisce le armi per combattere ma non combatte al posto suo. Ciò rende il malato protagonista della sua battaglia per la salute e, quindi, protagonista della sua guarigione. Così un uomo vestito di bianco si è comportato da anni, insegnando alle folle a credere in se stessi e nelle proprie capacità. Il medico è un mezzo, il malato è il vero artefice della sua guarigione quando si assume la responsabilità di se stesso e della battaglia per la vita. La volontà di guarire o comunque la volontà di tollerare la malattia e continuare a vivere convivendo con essa è una lezione memorabile. Dico spesso ai miei pazienti che seguo in psicoterapia che la vita non va quasi mai come noi vorremmo, però abbiamo la possibilità di imparare a tollerare gli ostacoli e i disagi, le sconfitte e i fallimenti, gli errori e le insoddisfazioni e, nel frattempo, vivere pienamente. Considerata la nostra natura mortale, abbiamo due possibilità: 1) farci sopraffare dalle malattie, dolori e disagi lamentandoci ogni giorno e così morire prima di morire 2) lottare per la nostra gioia e affermazione, affrontare le sconfitte e i dolori a testa alta e con dignità e così vivere prima di morire. Quell’uomo vestito di bianco è vissuto, e molto, e vuole continuare a farlo. Piegato dagli anni, dai dolori e dai continui attacchi morbosi, li ha tollerati, li ha sopportati con dignità e onore continuando a vivere pienamente dedicandosi al suo gravoso compito. Comunque andranno le cose, ha già vinto. Spero che le folle dei credenti si soffermino a considerare l’insegnamento dell’uomo. Spero che non interpretino la sua battaglia come una croce da portare ma come un messaggio di speranza e di fiducia nelle proprie capacità. Il medico non può fare tutto, i farmaci non possono fare tutto, occorre la volontà del malato di guarire e di vivere, c’è bisogno che il malato sia un uomo o una donna in grado di assumersi la responsabilità del suo stato e, con la grazia di un adulto non con il dolore di un bambino, collabori con il medico per la sua salute e la sua vita. Quell’uomo vestito di bianco lo ha fatto. Cosa siete disposti a fare voi?