LE PIANTE SENTONO – METRO
Il mondo è uno. Apparteniamo tutti ad un unico destino. Respiriamo tutti la stessa aria (ormai inquinata dovunque). L’articolo di Daniela Ovadia (Corriere della sera 15-07-01) mette in luce le ricerche di americani e inglesi che confermano ciò che tra le righe dicevano Lao-tze e Platone: le piante sentono, vedono, percepiscono gli odori e provano emozioni! Mordecai Jaffe (North Caroline University) ha sottoposto i semi di alcune piante ad un suono simile alla voce umana, risultato: questi semi hanno germogliato in una percentuale dell’80% contro il 20% di quelli senza suono! Alcune piante, quando vengono spezzate, liberano sostanze particolarmente odorose per avvisare le piante amiche vicine del pericolo. Possiamo dunque parlare con le piante e i fiori senza rischiare di essere presi per pazzi. Finalmente la Scienza ci autorizza a considerare materia vivente “intelligente” ogni elemento che appartiene al nostro ambiente. Conoscevo un contadino che parlava tutti i giorni con le sue piante di uva, che crescevano rigogliose. Per recepire un messaggio benefico non c’è bisogno di orecchie e di cervello razionale. Questa funzione è importante per sviluppare le capacità dell’Io, ma per sviluppare il Sé bisogna sentire con altre orecchie e vedere con altri occhi. Un capo tribù africano mi raccontò che i loro anziani parlano ai bambini mentre dormono per trasmettere le tradizioni del popolo, perchè “la verità non ha bisogno della testa”. Invece il mondo che abbiamo costruito sembra sempre più bisognoso esclusivamente di un cervello pensante, sempre più desideroso di separare, scotomizzare, analizzare e sezionare. In Medicina si arriva ad esaminare anche la più picola particella o molecola, cosa sicuramente utile ed interessante, ma non ci stiamo diimenticando qualcosa? Non ci stiamo perdendo l’essere umano nella sua unica ed irripetibile unità-sintesi? L’unità-sintesi è alla base della legge della vita perché quando soffriamo o gioiamo, quando amiamo o ci arrabbiamo, è tutto il nostro essere che vive tali emozioni, anche se è una molecola che le attiva o un recettore cellulare che le rende percepibili. Quando ci dissociamo dall’unità sintesi creiamo una frattura dentro di noi e fuori di noi. Tipica della nostra epoca è la tendenza a dissociare sesso e cuore: se si vive uno si esclude l’altro e viceversa, non si riesce a vivere l’amore nell’unità sintesi fatta di sentimento profondo e di piacere fisico in un’unica simultaneità. Le piante vivono questa unità e sentono il mondo intorno integrando tutte le loro parti in un’unica identità di stato. Globalizzare il mondo può non essere un problema se si intende l’unità alla quale tutti apparteniamo. Ma se globalizzare vuol dire distruggere la foresta amazzonica e inquinare gli oceani sconvolgendo gli equilibri geo-climatologici del pianeta, allora globalizzare equivale a distruggere. La Medicina degli ultimi decenni ha fatto progressi meravigliosi: ha scoperto la mappa cromosomica, individuato centinaia di nuove molecole e realizzato migliaia di nuovi farmaci. Questo è bene. Ma nei miei pazienti avverto sempre di più un disagio: manca qualcosa, manca il nucleo centrale che fa di noi degli esseri umani. Ciò che le persone cercano nel medico è la capacità di vederli, di osservarli come organismi fatti sì di enzimi ormoni e cellule ma non solo, tra quegli elementi scorrono, come il sangue: emozioni, paure, gioie, amori e desideri. Come possiamo spiegarlo a quei medici che osservano solo l’organo malato o la cellula anomala? E come possiamo comunicarlo a tutti coloro che vedono negati i propri sentimenti sin dall’infanzia? Eppure dobbiamo farlo, proprio perché il mondo è uno, perché più ci saranno persone separate dalla materia vivente, più vi saranno individui incapaci di sentirsi parte integrante dell’ambiente in cui viviamo, più ci sarà disarmonia nel mondo e così rischieranno di morire la foresta amazzonica insieme all’aria pura, gli oceani e i ghiacciai insieme ai sapori e agli odori, rischieranno di morire i nostri sogni, e noi con loro.