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NESTA – METRO

Un uomo chiamato Gesù fu crocifisso perché gli uomini di Barabba urlavano più forte. (così narra la leggenda). Ai roghi medioevali assistevano folle di esagitati che urlavano contro il condannato senza neanche conoscere la sua storia e la sua vita, né il perché della condanna. La storia dell’umanità è costellata di episodi in cui una massa non cosciente, a volte manipolata, si scaglia contro qualcuno con ferocia e lo trasforma nel capro espiatorio, per esorcizzare le angosce collettive e le frustrazioni personali. I fischi verso Nesta in Lazio-Milan hanno evocato in quei 78 minuti i fantasmi di quell’umanità che non vuole vedere e che ha dimenticato cosa significa sentire nel cuore. In termini psicologici si chiama “costanza dell’oggetto” ed è uno dei disturbi di quest’epoca, in cui i rapporti uomo-donna sono le vittime preferite. La mancanza di costanza dell’oggetto comporta che la persona amata diventa, per uno screzio, un’incomprensione o un difetto emerso, non più amata. Non sto parlando di compatibilità di carattere, che può non esserci più dopo un periodo in cui è esistita, parlo di amore. Come si può dire: ti amo e poi, d’improvviso: non ti amo? L’oggetto d’amore passa da una dimensione in cui esiste in quanto amato ad una in cui non esiste più: cancellato, formattato! I fischi verso Nesta avevano il sapore di una mancanza di costanza dell’oggetto: impietosi e brutali, celebravano la vittoria del pensiero oscuro in cui la notte della coscienza fa calare un velo sulla verità: perché è successo? E’ una responsabilità sua? Cosa avrà provato lui? E comunque quanto ha dato alla Lazio in tanti anni? Quanto l’ha amata? Nulla di ciò: cancellato, formattato! Viviamo in un mondo che tutto divora e consuma e, come Saturno, mangia persino i propri figli, ignari che in questo modo divoriamo e consumiamo il senso stesso del nostro esistere. Vogliamo questo? Vogliono questo tutti coloro che fischiavano l’altra sera contro chi ha regalato loro gioie ed emozioni? Sarebbe stato più bello dedicargli la poesia di Whitman :” o Capitano! Mio Capitano! Il nostro duro viaggio è finito.per te la bandiera è gettata.” Caro Nesta, hai ragione: l’amore non si compra e, aggiungo io, neanche si vende! In questa società privata di un sano principio paterno e maschile, non c’è più onore, fedeltà e costanza dell’oggetto. Caro Nesta, i grandi uomini si riconoscono dall’umiltà, e tu ne hai dimostrata. In un mondo in cui, per provare emozioni, la gente si fa di cocaina o di crack, tu ce le hai regalate così, semplicemente, come semplice è il tuo animo. In nome di tutte quelle domeniche in cui, nella parentesi della vita quotidiana, ci hai fatto sentire liberi per poter volare in un sogno, noi che ti abbiamo amato continueremo a farlo, noi che ti abbiamo ammirato continueremo a farlo e continueremo a rispettarti. In nome di una società che smetta di uccidere i propri figli e torni a dare una dignità all’amore, ai fischi dell’altra sera rispondiamo battendo le mani e cantando, cantando più forte: grazie capitano!