WRESTLING E GUAPPI DI CARTONE 7 GIUGNO 05 – METRO
La tristezza che offrono gli spettacoli di wrestling in televisione è pari soltanto all’effetto devastante che hanno sullo sviluppo della personalità dei bambini. Lo spettacolo e la finzione di corpulenti “guerrieri di cartone” fanno viaggiare la fantasia dei giovanissimi e li allontanano dalla realtà della vita. Inoltre inducono i bambini a gesti pericolosi come forma imitativa; è recente il caso di un mio paziente in cura per “colpo di frusta” della cervicale per una mossa di suo figlio di 7 anni che imitava appunto quella vista in televisione. La violenza fine a se stessa o, peggio, finalizzata allo spettacolo per “guardoni impotenti”, che risolvono le loro paure attraverso virtuali eroi i quali altro non sono che inganno e finzione, è una greve espressione della parte più bassa dell’essere umano. Nulla a che vedere con il coraggio dell’uomo che cerca se stesso e per questo combatte battaglie dolorose. Quell’uomo di cui parla Ernst Junger: ” chi pretende di compiere ardue imprese deve avere un’idea precisa di sé. Questo incontro avviene in solitudine. In quella solitudine l’uomo è sovrano”. Altro che riflettori e telecamere, satelliti e parabole. Questi penosi spettacoli allontanano il bambino e il giovane dalla ricerca del vero sé, li allontanano dalla possibilità di confrontarsi con la paura, con la forza della natura prorompente, li rendono incapaci di avere riverenza nei confronti del mistero e del sacro. Tolgono loro la grande forza di onorare l’avversario quando questi merita stima perché valoroso. Li rendono tristemente incapaci di rispettare l’essere umano: il suo corpo e la sua vita. Così facendo li rendono invalidi nei confronti della gioia di esistere, privandoli della possibilità di sentirsi protagonisti reali della propria vita. Il coraggio non si misura con i muscoli e con la strafottenza, né con gli spettacoli per farsi vedere e ammirare. Il coraggio si vivifica nel buio delle notti di solitudine, quando le difficoltà della vita ci assalgono facendoci sentire inermi, e proviamo paura. La forza si esprime quando osiamo confrontarci con questi momenti terribili e non scappiamo davanti a loro. Quando li fronteggiamo e li affrontiamo con la grazia e la dignità di adulti, non con il lamento dei bambini. “La morte prima o poi sorride a tutti”, dice Maximus nel film “il gladiatore”, “quello che può fare un uomo è sorriderle di rimando”. Insegnare questi concetti ai nostri bambini li prepara a una vita adulta più piena e appagante di quanto gli prospettano i virtuali uomini-muscolo. Permette loro di imparare che siamo a volte potenti e a volte no, ma ciò non fa di noi dei superuomini o dei vermi, è nella natura normale delle cose. Li fa confrontare con il fatto che a volte si vince e a volte si perde, ma se siamo capaci di vivere tutto questo nel silenzio della nostra interiorità e se sapremo mantenerci umili dopo la vittoria e dignitosi dopo la sconfitta, allora saremo uomini e donne veri, non “guappi di cartone”, per di più finti. Marco Lombardozzi