HO SOGNATO DIO – METRO
Poche notti fa mi è apparso Dio in sogno. Avevo una marea di domande ma il suo tempo era limitato per il gran lavoro a cui è sottoposto. “Gli esseri umani hanno perso il sacro” mi ha detto “e io devo correre in ogni luogo e in ogni anima per riaccenderlo perché, senza di esso, tra poco il mondo non esisterà più e mi toccherà faticare un’altra volta sette giorni e sette camicie per crearne uno nuovo. Ma gli umani sono sempre stati così e sono quelli che mi hanno creato più casini di tutti i viventi dell’Universo!”. Ho ottenuto comunque la possibilità di fare poche domande che qui riporto insieme alle autorevoli risposte. “Che cosa degli umani ti stupisce?” ho chiesto come prima cosa. “Che vivono come se non morissero mai e muoiono come se non avessero mai vissuto”. Mi ha risposto sospirando. “C’è qualcosa di noi che ti fa sorridere?”. “Certo, tante cose, ma nell’epoca attuale una più delle altre: gli umani inquinano il mondo e poi si devono inventare medicine per curare il male che loro stessi hanno prodotto, tutto questo per la ricchezza”. “Ma allora”, ho chiesto curioso, “non dobbiamo lottare per diventare più ricchi, ci risiamo con la storia di tuo figlio: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli; però, Dio, questa è un po’ vecchia”. “Allora te lo dirò in linguaggio più moderno”, ha sospirato, “non avete ancora capito che una persona ricca non è chi possiede di più ma chi ha più da donare”. Mortificato per la risposta, ho tentato di convincerlo che non è così facile in questo mondo realizzare la sua idea, però mi sono accorto che si stava scocciando, allora l’ho incalzato subito con un altro quesito: “cosa dobbiamo fare per dare un senso alla vita che ci hai dato e che molto spesso buttiamo via in inutili questioni di potere, di sopraffazione e di ipocrisia?” “Dovete assumervi la responsabilità delle vostre parole e azioni senza scaricarla sempre su qualcun altro fuori di voi. Dovete imparare ad amare profondamente e con passione, non ne posso più del vostro ipocrita buonismo, del vostro politically correct anche nei sentimenti, imparate una buona volta ad aprire il cuore in modo onesto e sincero. Potrete rimanere feriti, questo è vero, ma è il solo modo per poter dire di aver vissuto pienamente e di aver dato un senso alla vita che vi ho dato”. A questo punto mi sono sentito inadeguato e in seria difficoltà. Come potevo spiegargli che ormai su questo pianeta siamo incapaci di una cosa del genere? Gli avrei dato una grande delusione, ma poi ho pensato che, in quanto Dio, lo sapesse già. Allora mi sono fatto coraggio e ho posto l’ultima domanda: “cosa prevedi per noi?” Mi ha guardato a metà tra l’irritazione e il disprezzo poi, nel suo sommo bene, mi ha guardato con un po’ di pietà: “alcuni umani che voi chiamate pellerossa hanno già risposto a questo, solo dopo che l’ultimo albero sarà stato abbattuto, che l’ultimo fiume sarà stato avvelenato e l’ultimo pesce sarà stato catturato, soltanto allora scoprirete che il denaro non si mangia!” Mentre rimanevo attonito e senza parole, Dio si è allontanato. Mi è sembrato un po’ curvo e un po’ stanco, ma sicuramente era una mia impressione. Lo vedevo andar via e mi risuonava nelle orecchie l’eco delle sue ultime parole lontane “gli umani non impareranno mai.forse un altro diluvio.chissà.”