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DEPRESSIONE – METRO

“Dottore, non riesco ad alzarmi la mattina, mi sento triste e non ho il coraggio di affrontare la giornata”. Così mi ha parlato giorni fa una paziente che la Medicina definisce depressa. Le ultime ricerche dicono che un italiano su cinque soffre di depressione. Ma cos’è la depressione e come si può affrontare? Dethlefsen, nel suo libro “malattia e destino” stigmatizza gli aspetti da cui un depresso si difende: aggressività (se non viene espressa all’esterno si ritorce contro se stessi). Responsabilità ( la depressione evita le responsabilità poiché il depresso vegeta e non agisce più, così ha l’alibi per non confrontarsi con i temi della vita che lo impauriscono). Ma soprattutto: rinuncia, solitudine, morte. La persona depressa evita tutto ciò che vive, muta, si muove. Così si indirizza verso la fissità e l’apatia cioè l’opposto della vita: la morte. Questi individui vivono un conflitto tremendo: paura della vita con le sue responsabilità, il confronto con i propri problemi, le ferite e il dolore ma anche paura della morte che, in quanto non integrata, non viene accettata. Questa lotta interna porta il depresso ad aggrapparsi alle persone in modo ossessivo peggiorando la sua situazione per due motivi: 1) non affronta la solitudine che gli permetterebbe di imparare a stare con se stesso, 2) va incontro all’ennesima delusione e frustrazione perché questo tipo di aggrappamento produce solo relazioni superficiali e opportunistiche. La depressione non va demonizzata ma integrata. È uno stato d’animo che ci avvicina alla nostra “ombra” (la parte di noi che non vogliamo vedere) e ci dà l’occasione per smettere di fuggire da noi stessi, imparare a volerci bene e rispettare le nostre fragilità. È una grande opportunità. Nella notte dell’esistenza in cui il depresso sente di precipitare c’è anche la cura. L’ombra non deve essere negata o combattuta perché “la paura dell’ombra permette all’energia negativa di prendere il comando”, scrive la sciamana pellerossa Jamie Sams. “La guarigione e’ possibile se l’uomo prende coscienza della zona d’ombra che si nasconde nel sintomo e la integra. A quel punto il sintomo diventa superfluo” (Robert Bly). Non mi sembra utile l’approccio stereotipato alla depressione di alcune scuole di Medicina, volto esclusivamente a eliminare il sintomo per mezzo di farmaci. Il depresso va aiutato ad incontrare se stesso e imparare la lezione. Racconta una storia che vi fu un tempo in cui gli Dei si preoccuparono che gli esseri umani potessero scoprire il segreto della felicità, in tal caso non avrebbero più avuto bisogno di loro. Si riunirono allora per decidere dove nascondere questo segreto. Un Dio propose di metterlo nel fondo dell’oceano ma gli altri obbiettarono che gli umani, un giorno, avrebbero potuto scendere nelle profondità del mare e scoprirlo. Un altro Dio suggerì al centro della Terra ma anche in questo caso si pensò che l’umanità avrebbe prima o poi inventato un macchinario per scendere fin là. Alla fine un Dio esclamò:” ho trovato, lo nasconderemo in un luogo dove gli esseri umani non andranno mai a cercarlo: dentro loro stessi!”.